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L’Altro Sud is a cultural-political movement which is inspired  by European Regionalism. The South of Italy (Two Sicilies) is an ancient and authoritative nation with about eight centuries of common history. The purpose of this organization is to contribute, with other European territories, at the construction of a Europe of the Peoples and of the Cultures. Defend the interests of the Southern Italian Regions in a Europe of the solidarity and identity.

 

 

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L'Altro Sud riporta Le Due Sicilie in Europa (vedi il filmato)

I"l nostro è un Paese in pezzi. Ripeterlo fa paura, ma non è detto che sia un male" . Un libro infuocato, che irrompe con forza nel dibattito politico e tratteggia scrupolosamente gli scenari di un futuro che non è mai stato così prossimo.

 

 

 

   
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di Lerro Giorgio

 

 

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Fermiamo lo scempio in Basilicata dove si potrebbe destinare fino al 70% del territorio regionale allo sfruttamento petrolifero. Serve una mobilitazione permanente delle popolazioni meridionali contro questa violenza dello stato italiano che continua a considerare il Mezzogiorno solo una colonia da spremere e che ha consegnato i nostri territori alle compagnie petrolifere

 ORA E' TEMPO DI REAGIRE!

   
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Video "Un Altro Sud c'è". Rassegna di immagini del Sud stereotipato della criminalità e del degrado contrapposto al Sud positivo, della gente perbene, degli eroi, della cultura, dell'arte, della Storia di un popolo che è stato Nazione per otto secoli.

   
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Nicola Perrini, ingegnere, docente di elettronica con numerose esperienze professionali - in particolare nel campo delle Energie Rinnovabili e dell'impiantistica industriale - è attualmente Coordinatore Nazionale de L'Altro Sud-UDS. Meridionalista doc, è autore stimatissimo di numerosi contributi sulla Questione Meridionale e sulle nuove opportunità di sviluppo del Mezzogiorno. 

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 DALLA CRISI AD UNA POSSIBILE SOLUZIONE    
Location: BlogsL'ALTRO SUD    
Posted by: 242658@aruba.it 04/06/2012 16.41

DALLA CRISI AD UNA POSSIBILE SOLUZIONE

di Nicola Perrini 

Attraversiamo un periodo di grave crisi, in cui vengono alla luce tutti i limiti di un’Italia nata male e cresciuta peggio. Aver concepito una nazione in cui una parte, dopo una invasione brutale e sanguinosa, si avvantaggia con leggi fatte apposta per creare sviluppo solo per se, risucchiando risorse e creando quindi sottosviluppo nell’altra, è un crimine che dovrà venire completamente alla luce e del quale i responsabili dovranno rendere conto alla storia. Ma il peccato d’origine pesa ancora oggi sia per chi lo ha subito, sia per chi se ne è avvantaggiato. Se il paese nel suo complesso traballa, se non ha credibilità a livello internazionale, se non riesce a tenere il passo con i paesi più avanzati e di conseguenza non riesce ad offrire prospettive soprattutto alle nuove generazioni, lo si deve essenzialmente alle enormi disparità interne, agli abissali deficit di infrastrutture del Sud, alla mancanza di un’informazione indipendente dai poteri, alla corruzione dilagante, alla eccezionale voracità dei gruppi dominanti e alla forzata inattività di milioni e milioni di cittadini, tenuti come esercito di riserva, da cui attingere disperati pronti a tutto per l’industria padana, dei cui prodotti gli stessi sono peraltro consumatori accaniti ed acritici. Il tutto avallato senza opposizione alcuna da una classe politica meridionale che rappresenta solo i propri interessi e non esita a svendere il proprio elettorato ed i propri territori d’origine. I danni da mancato sviluppo non sono solo quelli materiali, ma anche e soprattutto quelli morali. Per affermare il dualismo si tengono in soggezione intere popolazioni, con campagne mediatiche martellanti tese a mortificare ogni giorno chi le subisce. Non c’è giorno dell’anno in cui non vengano messe in evidenza le presunte differenze tra le popolazioni italiche, mettendo in luce di volta in volta l’operosità degli uni ed il parassitismo degli altri, la civiltà contrapposta all’inciviltà, le produzioni virtuose e quelle insignificanti, la serietà e la preparazione contro l’approssimazione e la disonestà. Sono cose che ammazzerebbero chiunque e quindi non c’è da meravigliarsi che i meridionali abbiano smarrito la propria identità e quindi subiscano queste continue mortificazioni senza reagire. Il risultato di tutto ciò è che l’economia meridionale è stata completamente distrutta ed un intero popolo di circa 20 milioni di persone dipende quasi completamente dalla restante parte della nazione. Se osserviamo i dati economici degli scambi interregionali, constatiamo che le regioni meridionali hanno un saldo negativo medio del 25% circa verso le regioni settentrionali, mentre quest’ultime hanno valori mediamente positivi. Primeggiano il Lazio e la Lombardia, con valori del +21% e +23% rispettivamente. La prima regione ha un saldo positivo evidentemente per la presenza dell’apparato centrale dello stato e per tutto l’indotto che ne consegue, mentre la seconda per la concentrazione del settore industriale, dei servizi e del commercio con l’estero, dato che è lì che sono localizzate le sedi delle principali banche e dei principali importatori. Al dato negativo degli scambi interregionali, si aggiunge anche quello relativo allo scambio con l’estero, con valori negativi medi del 25%. In conclusione si registra per le regioni meridionali un deficit totale medio del 25+25=50%. Tradotto in moneta corrente, ciò equivale ad un flusso medio di circa 110 miliardi di euro che ogni anno lasciano le nostre terre, per metà diretti verso le regioni settentrionali e per metà verso l’estero. A questo si aggiunga il danno derivante dal flusso di giovani che dopo aver studiato e conseguito un titolo di studio, emigrano verso il Nord Italia o l’estero. Si tratta di circa 147.000 giovani il cui solo costo “di produzione”, per allevarli fino all’età media di 24 anni, è pari a 230.000 euro, per un totale di circa 34 miliardi di euro. In totale, il sistema attuale, ci costa un impoverimento di 110+34=144 miliardi di euro l’anno. Siccome lo stato unitario ci corrisponde per stipendi e servizi un importo di circa 49 miliardi in eccedenza rispetto a quello prodotto dal gettito fiscale, in definitiva abbiamo un deficit complessivo di 144-49=95 miliardi l’anno. Novantacinque miliardi l’anno sono l’equivalente di diverse manovre economiche che ammazzerebbero chiunque. Se in qualche maniera sopravviviamo, lo dobbiamo essenzialmente alla nostra straordinaria capacità di adattamento ed alla nostra ultramillenaria cultura, che ci consentono di resistere nonostante tutto. In termini pratici tutto ciò si concretizza in una dipendenza pressoché totale dalle produzioni e dai servizi del Nord. Da quelle regioni compriamo massicciamente e senza alcuna reciprocità prodotti industriali, servizi bancari ed assicurativi, mobili, vestiario, scarpe, libri, dischi, prodotti agricoli compresa la passata di pomodoro e le marmellate, alimenti confezionati, latte, biscotti, olio di oliva, vino e spumanti, panettoni, formaggi e salumi. Praticamente di tutto, essendoci ridotti a non produrre quasi più niente. Quando acquistiamo un prodotto estero, poi, lo facciamo attraverso un importatore con sede a Milano o Verona. Anche l’industria culturale ha preso oramai la via del Nord, così come i flussi turistici che oramai ci lambiscono solo marginalmente. Le banche, infine, raccolgono i nostri risparmi e invece di finanziare le imprese del territorio, finanziano i consumi di prodotti del Nord, dato che ciò è più redditizio e sicuro. Di fronte a tale situazione, l’unica via d’uscita è quella di una generale presa di coscienza da parte della gente che, solo se informata e consapevole, potrà reagire. Si dovrà capire finalmente che viviamo in un mondo ed in una nazione fortemente competitivi e che i nostri interessi non coincidono necessariamente con quelli delle regioni del Nord. Quindi massima attenzione alle nostre imprese ed ai nostri interessi, quale viatico per un effettivo riscatto. Si tratta in fondo di mettere a fuoco i problemi e convincersi che la soluzione degli stessi dipende solo da noi, senza la necessità di alcun aiuto esterno. Si inizierà con eleggere politici attaccati al territorio e determinati nella difesa del proprio elettorato, per passare poi ad una politica industriale e produttiva seria, con la valorizzazione delle proprie risorse e delle capacità individuali e collettive. I giovani più capaci ed intraprendenti dovranno essere spronati ad impegnarsi in attività produttive, dando così opportunità di lavoro a tanti altri. La gente dovrà capire che la difesa e la valorizzazione delle proprie produzioni e dei propri servizi è un fatto strategico da cui non si può prescindere se si vuole, attraverso il lavoro, riacquistare la dignità. Ma nel realizzare tutto ciò non si dovranno commettere gli errori che la crisi italiana ed europea mette sotto gli occhi di tutti. No al liberismo esasperato, ma ricerca della massima occupazione favorendo il consumo di prodotti del territorio, no all’agricoltura trasformata in industria di produzioni intensive che la snaturano, ma piuttosto produzioni a misura d’uomo con il rispetto dei cicli biologici naturali, si ai rapporti ed agli scambi commerciali con i paesi del mediterraneo con i cui popoli spesso abbiamo più affinità che con quelli nordici. Non bisogna dimenticare che il sistema ultraliberista imposto dai paesi europei dominanti è una via senza uscita; per reggersi bisogna che l’economia cresca sempre e ciò comporta continue riduzioni dei diritti per la gente comune ed un controllo politico-militare sui paesi produttori di materie prime, per tenere i costi di quest’ultime sempre bassi. Ciò oltre che essere contrario alla nostra natura e moralmente ingiusto è anche impossibile da realizzare nel medio o lungo periodo, per l’accrescersi delle tensioni sociali e per le imprevedibili reazioni dei paesi produttori di materie prime che, prima o poi, riusciranno a sottrarsi a questo giogo. Inoltre le produzioni industriali ed i trasporti necessitano di quantità sempre maggiori di energia, attualmente quasi tutta di origine fossile ed in via di progressivo esaurimento. L’accresciuta domanda di petrolio e di gas naturale produce un vorticoso aumento del prezzo dell’energia , che creerà sicuramente sempre maggiori tensioni internazionali ed entro qualche decennio non potrà più essere sostenuto. Approfittando di questa situazione, si dovrà puntare sullo sviluppo di energie rinnovabili che siano competitive con quelle fossili. Non dimentichiamo che un solo chilometro quadrato di territorio riceve un irraggiamento solare di circa 1,4 miliardi di kWh l’anno, che rappresentano la produzione di una centrale elettrica della potenza di 160 MW che lavori 24 ore su 24. In sostanza si tratta di una quantità superiore a qualsiasi bisogno umano e che risulta democraticamente distribuita in maniera più o meno intensa, ma comunque sufficiente, su tutti i paesi del mondo. Riuscire a catturare e stoccare una simile quantità di energia è uno straordinario obiettivo cui i nostri centri di ricerca i potranno e dovranno dedicarsi, creando lavoro per tanti giovani e favorendo lo sviluppo di nuove tecnologie che potranno essere trasferite anche ad altri campi, con lo sviluppo di un’industria che servirà al raggiungimento degli obiettivi della piena occupazione e del soddisfacimento dei bisogni primari dell’uomo, in armonia con la natura.

www.laltrosud.it 

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Comments (9)   Add Comment
Re: DALLA CRISI AD UNA POSSIBILE SOLUZIONE    By Lucia on 05/06/2012 10.29
L'analisi di Nicola Perrini è pienamente condivisibile, le regioni meridionali continuano ad essere una colonia ad uso e consumo del nord e il tutto si inquadra in una ottica ultraliberista internazionale che sta spaccando il mondo in due. Da una parte i ricchi sempre più ricchi e dall'altra i poveri, la maggioranza, sempre più poveri. In una epoca di cambiamenti politici in Italia che vedono sparire i grandi partiti non capisco perchè la società meridionale non sia ancora in grado di esprimere una rappresentanza politica innovativa che faccia sentire la propria rabbia nelle istituizioni nazionali. Perchè non facciamo crescere una realtà simile a quella di Grillo che sia in grado sul territorio di fare quello che lui fa a livello nazionale? Ci vogliono certo persone credibili ma in giro ce ne sono diverse e voi di Altro Sud potreste essere tra gli attori principali.

Re: DALLA CRISI AD UNA POSSIBILE SOLUZIONE    By Catello on 05/06/2012 16.56
E' inutile perdere tempo. La responsabilità di aver ridotto il mezzogiorno in un grande Terzo mondo è dei nostri politici venduti e vigliacchi. ma come fanno ad assistere a questra tragedia sociale e pensare al proprio tornaconto. Vedi la Poli Bortone, tante chiacchere in favore del Sud e poi lecca il ....... a berlusconi e bossi. Miserabili! Fa bene Nicola a ricordare certi dati che inchiodano il Sud. ma non sarebbe il momento di aggregare intorno a noi quanta più gente possibile ed iniziare un cambiamento storico cacciando quei parassiti presenti nei partiti nazionali.Oggi ci sono tutte le condizioni, Io sono pronto, ditemi cosa fare concretamente. lo chiedo prioprio a Nicola.

Re: DALLA CRISI AD UNA POSSIBILE SOLUZIONE    By Toge on 05/06/2012 19.51
Credo che l'amico Nicola abbia dato anche la risposta su cosa fare concretamente per affrontare i nostri problemi. "Presa di coscienza, recupero dell'identità, massima attenzione alle nostre imprese e ai nostri interessi, scelta di politici fortemente legati al territorio, valorizzazione dei giovani e delle proprie risorse, no al neoliberismo attuale e alle sue forme di socialdarwinismo, protagonismo delle energie rinnovabili". In pratica un indirizzo di programma molto concreto. Sarebbe, inoltre, utile che anche i nostri lettori e simpatizzanti inviassero loro contributi e idee a L'Altro Sud per un vero programma politico condiviso. E' anche ciò che ci chiede l'amica Lucia.

Re: DALLA CRISI AD UNA POSSIBILE SOLUZIONE    By Nicola on 05/06/2012 21.18
Rispondo all'amico Catello, anche se lo ha fatto ottimamente Toge prima di me. Penso sia necessario diffondere le nostre idee, che sono di libertà e di giustizia, attraverso la rete, tra i familiari e gli amici, nei luoghi di lavoro e dovunque svolgiamo la nostra vita sociale. Le idee richiedono tempo per diffondersi e quindi bisogna avere pazienza, ma noto negli ultimi tempi una discreta accelerazione , cominciando ad intravedere nella gente delle reazioni positive, anche se ancora poco coordinate. Gli avvenimenti sul fronte politico e gli scandali che si susseguono giorno dopo giorno, danno l'idea di un sistema che va verso il declino; la circolazione delle notizie e delle idee consentite dalla rete, ci consegnano un'opinione pubblica che non si riesce più ad imbrigliare e che è disponibile a cambiamenti anche radicali nel modo di pensare e di agire. In questo momento si apre pertanto uno spazio anche per i gruppi come i nostri, se sapremo diffondere le nostre idee e portarle avanti con coerenza ed assoluta trasparenza.

Re: DALLA CRISI AD UNA POSSIBILE SOLUZIONE    By IN MOVIMENTO on 06/06/2012 11.10
Cari miei qui nessuno ci regala niente. Dobbiamo prendere in mano noi la sistuazione e gestirci da soli. Il meridione non interessa a nessuno se non solo come colonia dei prodotti settentrionali. Dobbiamo buttare fuori dalle balle questi traditori dei partiti e diventare forza di totale rinnovamento

Re: DALLA CRISI AD UNA POSSIBILE SOLUZIONE    By Michele on 06/06/2012 16.53
Purtroppo gentile Nicola, per attuare quelle cose che giustamente proponi ci vuole una rivoluzione. Penso anche a ciò che minaccia di fare Lombardo in Sicilia come prendere il controllo del petrolio e del gas sul territorio. Bene hanno fatto i movimenti come quello dei Forconi che hanno fatto tremare l'italia e che ora forse si presenteranno alle regionali siciliane.Il sud deve liberarsi di questo sistema che lo strangola e mettere su una propria classe dirigente vincolata solo territorio. In altro vostro post sulla taranta si parlava di schiavi felici e contenti che improvisamente non accettano più la loro condizione. Bene questo è la scintilla della rivoluzione.

Re: DALLA CRISI AD UNA POSSIBILE SOLUZIONE    By Pasquale on 09/06/2012 17.20
Se alle prossime elezioni politiche si continua a votare sempre per quei soliti lestofanti presenti nei partiti di che ci lamentiamo. Sono degli ignobili venduti che si servono del termine sud per fare i porci comodi loro e non credo neanche che un saltimbanco possa cambiare molto. Guagliò, qui ci vuole un ammutinamento generale se no finiamo tutti a cercare aiuto alla Caritas.

Re: DALLA CRISI AD UNA POSSIBILE SOLUZIONE    By Susy on 11/06/2012 9.23
Forza ragazzi via il pessimismo, se vogliamo possiamo essere i primi. però bisogna essere uniti. <br>...........ini

Re: DALLA CRISI AD UNA POSSIBILE SOLUZIONE    By Lucas on 25/09/2021 22.22
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